Recensione Manga – Gravel Kingdom (Sareki oukoku) di Kaori Yuki

A cura di Anita80 (testi) e Martina (info e grafica)

Titolo originale: Sareki oukoku
Titolo per l’occidente: Gravel Kingdom
Autrice: YUKI Kaori
Categoria: Shoujo

:: Il manga in Giappone :: 
Casa editrice: Hakusensha
Numero di volumi: 1, concluso
Anni di pubblicazione: 1993
Collana: Hana to yume Comics

:: Il manga in Italia ::
Casa editrice: Panini Comics
Numero di volumi: 1, concluso
Pubblicazione: Settembre 2005
Senso di lettura: orientale
Distribuzione: fumetteria
Collana: Kaori Yuki presenta
Prezzo: 5 euro
Seconda edizione: 2013, 1 volume.

Storia 

Il volume raccoglie due racconti autoconclusivi: Gravel Kingdom e Stonehenge.

1. Gravel Kingdom

-Primo Episodio – “Kirameki”

Il giovane principe Kirameki, sfuggito alla vigile sorveglianza delle guardie reali, si reca nella desolata distesa desertica che si estende tutto attorno al Regno del Tempo e, durante il suo errare, s’imbatte casualmente in un Drago della Sabbia. I Draghi della Sabbia sono potenti creature magiche al servizio dei “Mangiatori di Sabbia”, feroce tribù del deserto che si ciba di carne umana ed è dedita da secoli alla distruzione dei Regni terrestri. Tutti i Regni della Terra sono caduti, infatti, uno a uno, per mano dei Mangiatori di Sabbia, sprofondando nella sabbia arida e sterile. Il Regno del Tempo, ultimo baluardo contro l’avanzata dei Mangiatori di Sabbia e la distruzione del pianeta, è costantemente in pericolo e solo la benefica protezione della Divinità dell’Acqua riesce ad arginare la minaccia sempre più pressante.
Saga, un ragazzino dagli inquietanti occhi dorati, appartenente alla Tribù dei Mangiatori di Sabbia, è alla guida del maestoso e feroce Drago comparso dinanzi a Kirameki e stipula un accordo con il bambino: gli risparmierà la vita solo se il giovane sarà disposto a giocare con lui. Il principe Kira accetta di buon grado, ma il sopraggiungere improvviso di Kanai, fidata e affezionata guardia personale del futuro sovrano del Regno del Tempo (Kirameki), pone fine a ogni possibile relazione amichevole fra i due. Kanai esorta Kira a non fidarsi del nemico e, dopo aver costretto Saga alla ritirata, riporta sano e salvo il principe al castello.

Otto anni più tardi, Kirameki è divenuto un abile spadaccino, ma il suo atteggiamento ribelle è fonte di continua preoccupazione per Re Izanagi, che vorrebbe incoronarlo suo successore al compimento del quindicesimo anno di età, in occasione della festa degli Spiriti dell’Acqua.

Kira, nel frattempo, si confida con Urei, – sua cara amica d’infanzia – la quale cerca di dissuaderlo dall’idea di rinunciare al trono per diventare un valoroso guerriero come Kanai. La giovane, appena divenuta sacerdotessa contro il proprio volere, è sfuggita a una noiosa lezione di rituali e formule sacre ed è inseguita da una delle sorelle del Tempio. Prima di essere raggiunta dalla sua inseguitrice, però, una bestia della sabbia, sorta all’improvviso dalla terra, cerca di aggredire i presenti. Il pronto intervento di Kanai e la provvidenziale “luce” emanata misteriosamente da Urei riescono a debellare il mostro e a scongiurare il pericolo.
Tornata la calma, Kanai cerca di far comprendere al principe Kira la situazione critica in cui versa il Regno – prossimo a essere fagocitato dalla sabbia – e le ragioni che spingono il sovrano a desiderare un valido erede che gli succeda alla guida del Paese. Kanai rassicura Kira dicendogli che finché sarà visibile la cicatrice sulla sua fronte (procuratagli anni prima dallo stesso Kira), sarà sempre al suo fianco e non verrà meno al proprio voto di fedeltà, ma vuole che il principe prenda coscienza delle proprie responsabilità.
Se rifiutasse di succedere al padre in qualità di nuovo re, non solo metterebbe in serio pericolo il Regno, ma vanificherebbe anche il sacrificio di molti innocenti che, come Urei, hanno dovuto piegarsi a una volontà superiore e accettare, nolenti o volenti, il destino deciso per loro.

Mentre Kira, profondamente turbato dalle rivelazioni di Kanai, è assorto nei propri pensieri, nella camera reale il sonno del Re e della Regina viene interrotto bruscamente dalla apparizione di Saga, membro della Tribù dei Mangiatori di Sabbia. Saga si rivolge con parole cariche di odio e rancore a Re Izanagi, chiamandolo padre e accusandolo a gran voce delle nefande azioni commesse in passato. Ciò che Saga vuole ottenere dal padre, tuttavia, non sono parole di scuse o pentimento, bensì vendetta. Il Re, ancora sconvolto alla vista del figlio creduto morto, non ha tempo di proferire parola: viene trafitto dalla spada del ragazzo e cade a terra esanime.

-Secondo Episodio – “Kanai”

Sajura, Re della Tribù dei Mangiatori di Sabbia e alleato di Saga, assume le sembianze di Izanagi, sostituendosi al defunto re, con l’intento diabolico di trasformare il Paese in un Regno di Ghiaia. Saga, invece, dovrà “prendere” il cuore della Regina, assoggettandola al proprio volere.

La mattina seguente, al suo risveglio, Kirameki viene convocato d’urgenza nella sala del trono dove il padre (in realtà Re Sajura) presenta pubblicamente il principe Saga, fratello gemello di Kira. Quest’ultimo appare sorpreso alla notizia di avere un fratello gemello, il cui nome e la cui “aurea” gli rammentano, per altro, il bambino conosciuto anni prima nel deserto… Il Re, di fronte allo stupore e alla incredulità della folla, spiega di aver tenuta segreta l’esistenza del principe Saga sino al quindicesimo anno di età per assecondare i consigli di uno Sciamano e sfatare il presagio di sventura che, come si sa, era legato fin dai tempi antichi alla nascita dei gemelli. Saga, finalmente tornato per essere incoronato re, chiede al fratello Kira di assisterlo nei futuri impegni.

Kira si reca in compagnia di Kanai al Tempio Celeste dell’Acqua e chiede il permesso di vedere Urei, permesso che gli viene negato poiché la ragazza è stata nominata dal comitato celeste prima sacerdotessa della Festa degli Spiriti dell’Acqua e, in quanto tale, non potrà essere vista né toccata da nessuno, principe incluso. Kira non si rassegna così facilmente e, scavalcata di nascosto la cinta del Tempio, riesce a incontrare Urei durante il rito dell’abluzione nell’acqua sacra. Colei che si volta al sopraggiungere dei nuovi arrivati, però, non è più Urei, bensì l’incarnazione di Sherafita, divinità dell’Acqua. La dea profetizza attraverso la bocca della ragazza e preannuncia l’arrivo di un “polverone di sciagure” che metteranno a dura prova la fedeltà di Kanai. Sherafita chiede a Kanai se nel momento decisivo della sua vita proseguirà nella direzione intrapresa e dopo aver ottenuto risposta affermativa da parte del fiero guerriero, abbandona il corpo di Urei.
Urei, ritornata in sé, spiega a Kira di essere posseduta dalla dea e, in preda alla disperazione, supplica l’amico di divenire re e di scioglierla dall’obbligo di diventare prima sacerdotessa. Se fosse consacrata durante la festa degli Spiriti dell’Acqua, verrebbe privata di ogni libertà: non le sarebbe più concesso di innamorarsi, sposarsi, e… soprattutto non potrebbe più vedere Kira.

Kanai, di ritorno al castello, chiede a Kira se rammenta ancora le circostanze in cui si procurò la cicatrice sulla fronte, otto anni prima. A quei tempi, il giovane e arrogante Kanai, peccando di eccessiva presunzione, fu responsabile del massacro del suo contingente di uomini in una battaglia a cui non avrebbe dovuto prendere parte. Il re Izanagi, adirato per l’accaduto, era sul punto di punire Kanai, privandolo della vita, quando il giovane principe Kira intervenne, intercedendo presso il padre. Kira estrasse la spada e sfregiò la fronte di Kanai come pena simbolica, chiedendo poi al re suo padre di affidargli l’uomo e di porlo al suo servizio. In quel momento l’uomo capì di essere rinato per proteggere il principe e divenne suo servo fedele.
Kanai non riesce ad accettare l’idea che un estraneo abbia usurpato il trono del suo giovane signore e palesa la ferma intenzione di recarsi dal sovrano per chiedere spiegazioni sulla scelta del principe Saga come futuro re. Kira, temendo che l’ira del padre possa scatenarsi sull’amico, decide di accompagnarlo all’udienza e di discutere personalmente con il re in merito al diritto di successione.

Durante il colloquio con il figlio, il finto Re Izanagi entra inavvertitamente in contatto con alcune gocce di acqua sacra del Tempio Celeste e il ragazzo comprende l’inganno intessuto alle sue spalle: la persona con la quale sta parlando non è il padre, ma un membro del clan dei Mangiatori di Sabbia che ne ha assunto le sembianze.
Saga compare alle spalle della Regina, rivelando al ragazzo di essere frutto di una relazione illecita – punibile con la pena di morte – fra Re Izanagi e una donna appartenente alla Tribù dei Mangiatori di Sabbia.
Resosi conto di aver messo a repentaglio la propria vita, Izanagi inviò un assassino con il compito di sterminare madre e figlio per occultare ogni prova: la donna venne massacrata, ma il bambino – Saga – riuscì a sfuggire e a rifugiarsi nel Regno del Tempo, dove fu arrestato e rinchiuso nei sotterranei.
Il falso Izanagi svela ai presenti la sua vera identità: sotto l’aspetto ingannevole del sovrano si cela, in realtà, Re Sajura dei Mangiatori di Sabbia, salvatore di Saga e suo alleato nel tentativo di vendicarsi degli uomini e di impadronirsi del Regno.
Kira viene poi a conoscenza della morte del padre e alla vista del cadavere insanguinato dell’uomo, Kanai si avventa, furioso, contro Saga. Il nemico, però, si dimostra più abile del previsto e Kanai viene ferito a morte. Prima di spirare dinanzi agli occhi di Kira, il giovane lo rassicura, promettendogli che resterà sempre al suo fianco per proteggerlo…

-Terzo Episodio – “Urei”

Kirameki si scaglia, a sua volta, contro Saga, ma Re Izanagi chiama a gran voce le guardie accusando il figlio e Kanai – suo servitore – di aver attentato alla sua persona e a quella del principe Saga per impadronirsi del trono. A nulla valgono le spiegazioni e le proteste di Kira di fronte all’evidenza dei fatti: il corpo senza vita di Kanai viene dato in pasto alle bestie del deserto e Kirameki viene imprigionato negli angusti sotterranei con l’accusa di alto tradimento. Prima di essere incatenato e condotto via dalle guardie, Kira manifesta il suo dolore e la sua sete di vendetta, giurando di uccidere il fratellastro…

Saga, non soddisfatto di aver fatto rinchiudere Kira, si reca da lui nei sotterranei, prefigurandogli il terribile futuro che lo attende in quel posto infernale, ai limiti della sopravvivenza… lo stesso destino che Saga ha dovuto sopportare e patire durante gli otto anni di forzata prigionia. Saga, prima di lasciare le prigioni, si diverte a tormentare e a pungolare ulteriormente il ragazzo, informandolo delle intenzioni di Sajura di eliminare Urei – la sacerdotessa della dea Sherafita – ritenuta un potenziale pericolo.

Mentre Kira è rinchiuso nelle segrete, Urei invoca la dea dell’Acqua Sherafita e la supplica di vegliare su di lui e di sottrarlo al pericolo: in cambio della salvezza dell’amato, la ragazza è disposta a rinunciare ai suoi sogni di fanciulla innamorata e a dedicare tutta la vita alla dea. A un tratto, durante la preghiera, Urei viene assalita da un branco di bestie della sabbia, ma il potere della ragazza è troppo forte perché quelle creature “inferiori” possano riuscire a nuocerle. Saga ha modo di costatare che Urei è davvero potente come dicono, ma la sua forza non potrà avere lo stesso effetto su di lui, essendo il ragazzo umano per metà.

La vita di Kira nei sotterranei è resa sempre più difficile dai soprusi e dalle prepotenze degli altri criminali della prigione. Questi si divertono a umiliare e maltrattare il ragazzino, infliggendogli crudeli punizioni e rubando la sue razioni di cibo. Giunto allo stremo delle forze, Kirameki si ribella e lotta duramente per conservare il suo “pezzo di pane”, ferendo un altro detenuto con la forchetta. Il ragazzo, infatti, non vuole morire senza prima aver portato a termine la sua vendetta ai danni di Saga, ma il suo gesto disperato scatena l’ira degli altri reclusi, decisi a impartirgli una lezione definitiva. Solo l’inaspettato intervento di Kishiru, temuto capo dei detenuti, riesce a impedire il linciaggio di Kira. Il ragazzino, per ordine di Kishiru, viene ricondotto nella sua cella, dove un cucciolo di drago della sabbia, pieno di graffi, si avvicina per confortarlo, offrendogli amicizia.

Kishiru, dopo aver assistito alla scena, spiega a Kira che i draghi della sabbia sono le creature più intelligenti fra le bestie maligne; si dice che comprendano il linguaggio umano e che, una volta scelto il loro padrone, gli rimangano fedeli per sempre… In seguito rivela a Kira di essere stato rivale di Kanai ai tempi dell’accademia militare e interroga il ragazzo sulle circostanze in cui è stato ucciso il compagno d’armi, non credendo alla versione ufficiale. Mosso a compassione dalle spiegazioni di Kira e dalle ragioni che lo spingono a lottare per la sopravvivenza, Kishiru decide di aiutare il ragazzo a fuggire e gli indica l’unica possibile via d’uscita da quell’inferno sotterraneo: lo stretto condotto dell’aria, che conduce in superficie, a qualche chilometro di distanza…
Kira affida al draghetto il compito di portare uno dei suoi orecchini a Urei e prende con sé l’esplosivo e la spada di cui Kishiru gli fa dono al momento della partenza. Prima di intraprendere la fuga, però, Kirameki viene messo in guardia da Kishiro, il quale sostiene di aver conosciuto Saga, un ragazzino davvero tenace e dal cuore indurito, abituato al peso della solitudine…

Il cucciolo di drago porta a termine con successo la missione affidatagli, consegnando a Urei l’orecchino di Kira: la ragazza, ora, può di nuovo sperare, poiché stringe tra le mani la prova tangibile che il ragazzo non è morto e sta cercando disperatamente di sopravvivere.

Saga, nel frattempo, durante una passeggiata fuori del castello, ha modo di incontrare una giovane prostituta, discendente dalla tribù dei Mangiatori di Sabbia. La ragazza, dotata del potere di leggere nei pensieri altrui, capisce istintivamente che Saga appartiene alla sua stessa tribù e che il cuore del ragazzo è chiuso per la tristezza. La somiglianza della giovane con la madre evoca in Saga ricordi dolorosi legati al passato, quando la donna fu uccisa davanti ai suoi occhi, dissolvendosi nel nulla (al momento della morte, infatti, i corpi dei Mangiatori di Sabbia si disgregano, tornando alla sabbia…). La ragazza, allora, percependo la disperazione che attanaglia il cuore del ragazzo, lo conforta nell’unico modo che le è dato di conoscere, con il proprio corpo. Saga chiede alla ragazza di partire con lui, quando tutto sarà finito, alla volta di un paese lontano, verso un regno immerso nel verde e illuminato dalla luce…

Kira, invece, giunto faticosamente in superficie e liberatosi dai ceppi e dalle catene, ottiene un passaggio per la capitale del Regno, dove avrà luogo la Festa degli Spiriti dell’Acqua e l’incoronazione del nuovo sovrano.

-Quarto Episodio – “Saga”

Urei, in veste di prima sacerdotessa della dea Sherafita assisterà alla cerimonia dell’incoronazione, ma sarà circondata da uno “scudo di sabbia” magico che le impedirà di intervenire.
La cerimonia sembra procedere senza difficoltà, ma quando giunge il momento dell’incoronazione del principe Saga, Kira fa la sua apparizione e, minacciando il finto Re Izanagi con la spada, rivela alla folla l’inganno ordito dalla tribù dei Mangiatori di Sabbia. Kirameki informa i presenti di aver disposto una carica di esplosivo (quello donatogli da Kishiro) nel canale che corre sotto il castello, in corrispondenza di una roccia che drena l’acqua e, detto ciò, preme il pulsante del detonatore…

La seconda storia presente in Gravel Kingdom si intitola “Stonehedge”.

2. Stonehenge

Sharel, principessa del Regno di Boreades, sta passeggiando nei pressi di Stonehenge alla ricerca di fiori, quando scorge il cugino Vadius accanto al sacro cerchio di pietre, assorto nella lettura di un’antica iscrizione.

L’eclisse … il dio sole e la dea luna si incontrano e il giorno si oscura. Allora il tempio sacro costruito dai giganti si trasforma in una porta dell’utopia. Il miracolo si compie al ritorno della luce, quando il tuo desiderio si esaudisce.

Sharel, che ha modo di incontrare per la prima volta Vadius, si avvicina al ragazzo e gli domanda se è anche un suo desiderio quello di attraversare la porta sacra e andarsene da Boreades (il Paese della Leggenda di Stonehenge, protetto dalla spada Tiferet). La ragazza, infatti, sogna di raggiungere un paese senza guerre dove poter vivere per sempre felice accanto alla persona amata. Guardando più attentamente, Sharel nota che il cugino indossa un velo nero che copre metà del suo volto, il velo dei muti.
Poco dopo i ragazzi, sorpresi da un’ancella in quel luogo sacro, sono esortati ad allontanarsi al più presto da Stonehenge per non incorrere nell’ira del sovrano. Prima di andarsene, però, Sharel dona gli splendidi fiori raccolti al cugino, il quale reagisce stizzito e rifiuta il pensiero gentile della ragazza.

Il re, informato dell’accaduto, convoca la figlia al suo cospetto e le ordina di stare lontano da Vadius. Le spiega che alla morte del precedente sovrano, impazzito e ucciso dai suoi stessi vassalli, sarebbe dovuto salire al trono Vadius, il legittimo successore, ma il ragazzo, essendo muto, venne rifiutato dalla società. Il posto vacante venne così occupato da lui, lo zio del giovane.
Durante il colloquio tra il re e Sahrel giunge notizia che Nazark, l’imperatore di Yesod, (il Regno del Nord) sta conquistando i paesi vicini ricorrendo a una magia proibita. Il re, sordo alle proteste della figlia, affida al nipote l’incarico di raggiungere il Regno del Nord e verificare personalmente la situazione. Prima che Vadius parta per la pericolosa missione, Sharel affida al ragazzo un orecchino portafortuna di cristallo marino e gli raccomanda di prestare attenzione.

Sfortunatamente, il principe Vadius e le spie inviate dal re non fanno più ritorno a Boreades e, all’approssimarsi della festa dell’eclisse, il Paese viene inaspettatamente attaccato dalle truppe di Yesod. Il re, in punto di morte, affida alla figlia Sharel il compito di mettersi in salvo e di proteggere Stonehenge e la spada sacra.

Sharel, invece, alla ricerca dell’uomo che si è macchiato della morte del padre, s’imbatte in un misterioso individuo avvolto in un mantello e in uno strano demone alato – Mildred – . Durante lo scontro che segue, la ragazza vede scintillare all’orecchio del misterioso giovane l’orecchino di cristallo marino donato a Vadius e riconosce, nell’uomo che la fronteggia, il cugino creduto morto.
Vadius, allora, si decide a svelare all’ignara cugina le turpi azioni commesse dallo zio per impadronirsi del trono: dopo aver assassinato il fratello, il padre di Sharel si assicurò che il nipote, testimone del delitto, non potesse parlare, rendendolo muto. In seguito Vadius, sopravvissuto alla disastrosa spedizione nel Regno del Nord, fu adottato dal sovrano di Yesod, il quale, in cambio della sua fedeltà, gli restituì la voce e lo dotò di potere magico e di truppe di cavalieri. Nezark, ora, come prova della sua fedeltà, vuole che il giovane gli porti la spada sacra Tiferet e la testa della principessa Sharel.

Mentre la principessa si rende conto che il cugino è tornato con il preciso intento di ucciderla, ha inizio l’eclissi.
Al ritorno della luce, Sharel e Vadius scoprono di essere stati trasportati in un’altra dimensione: si risvegliano nella Manhattan dei giorni nostri. A causa di una distorsione spazio-temporale, però, la ragazza arriva con cinque anni di ritardo rispetto al cugino, poco prima di una nuova eclissi di luna.

Al momento del suo arrivo a Manhattan, Sharel viene trovata per strada, priva di coscienza, da un ragazzo di nome Kevin, il quale la soccorre e la ospita nel suo appartamento. Quando la ragazza si risveglia, disorientata e diffidente, Kevin le spiega di averla vista cadere dal cielo insieme a un globo di luce. Sharel, allora, comprende di essere stata trasportata in un mondo a lei sconosciuto e che Stonehenge non è solo una leggenda…

Vadius, invece, arrivato con cinque anni di anticipo rispetto alla cugina, è riuscito a farsi strada nel mondo degli affari, avvalendosi dell’aiuto di Mildred e ricorrendo a mezzi altamente discutibili, pur di assurgere alle vette del potere. Tutti i proprietari delle società rivali, infatti, sono morti uno di seguito all’altro in circostanze assai misteriose, accomunate dalla inquietante apparizione di un pipistrello gigante.

Sharel, fermamente convinta che Vadius stia complottando anche in questo mondo, chiede a Kevin di accompagnarla alla sede della Diron, dove intende incontrare il cugino e porre termine alle sue azioni spietate, uccidendolo con la spada sacra. Kevin si trova costretto ad assecondare la ragazza e, alla guida della propria automobile, comincia a pedinare la vettura del presidente Vadius.
Questi, però, rimane vittima di un agguato teso da teppisti assoldati da una delle aziende da lui rovinate e Mildred, sotto lo sguardo inorridito dei due ragazzi, assume le sembianze demoniache di pipistrello e divora ferocemente gli aggressori, banchettando con le loro carni.
Accortosi, poi, della presenza di Sharel, Vadius minaccia la ragazza, rinnovando la sua intenzione di ottenere Tiferet e la sua testa, ma il sopraggiungere improvviso della polizia lo costringe a ritirarsi e a rimandare il confronto.

Mildred, allora, chiede il permesso di occuparsi personalmente della ragazza, sistemando la situazione una volta per tutte, ma Vadius si oppone fermamente, intimando alla donna di non intromettersi. Sarà lui e lui soltanto a uccidere la cugina…
Kevin, nel frattempo, cerca di convincere Sharel ad abbandonare i propri propositi di vendetta contro Vadius o a procedere, eventualmente, per vie legali, ma la ragazza ha già preso la sua decisione: la spada sacra in suo possesso è costruita con un cristallo marino capace di sconfiggere il male e qualora il cuore di Vadius fosse perdutamente malvagio, la ragazza se ne servirà per ucciderlo con le proprie mani…

Considerazioni
Gravel Kingdom, uno dei primi lavori di Kaori Yuki, antecedente all’opera che forse, più di ogni altra, ha fatto conoscere e apprezzare il talento di questa autrice al pubblico italiano – Angel Sanctuary – si compone di due storie autoconclusive (Gravel Kingdom, articolata in quattro capitoli e Stonehenge).
Più affini agli scenari fantastici e vagamente onirici di Angel Sanctuary che non alle atmosfere cupe e alle tinte fosche della Londra ottocentesca del Conte Cain, questi due racconti rappresentano un excursus nel genere fantasy.
Come altri racconti brevi – Neji per esempio – questa raccolta di storie brevi si discosta un po’ dalle opere della Yuki, delineando pagine di chiaro sapore fantasy, disegnate nello stile inconfondibile di questa autrice.
Non che non siano presenti, anche in Gravel Kingdom, storie di vendette e omicidi, amori contrastati, rancori taciuti, rapporti familiari distorti e conflittuali, combattimenti cruenti e spargimenti di sangue ma queste tematiche, tanto ricorrenti e care all’autrice, vengono qui affrontate all’interno di una dimensione fantastica che ne smorza i toni cupi e rende meno dense le atmosfere drammatiche, lasciando presagire e intravedere uno scioglimento positivo, una redenzione finale, una luce, seppure debole, alla fine del tunnel.

Gravel Kingdom, la prima e più lunga delle due storie, è ambientata in un mondo fantastico, a cavallo tra due Regni – quello del Tempo e quello della Sabbia – popolati da draghi, creature magiche e forze soprannaturali. La seconda, invece, si svolge dapprima in un mondo incantato e lussureggiante, legato alla leggenda di Stonehenge – il più famoso sito megalitico esistente in Europa – e in seguito nell’odierna Manhattan. Scenari altamente suggestivi, anche se appena sviluppati e scarsamente disegnati.

Entrambi i racconti presentano, inoltre, una trama articolata e ben congegnata, ma priva di veri e propri colpi di scena. Con ciò non si vuol dire che le storie siano carenti di pathos e di eventi inattesi, ma il “fattore sorpresa”, quando si presenta, sembra incapace di stupire e sconcertare il lettore, in qualche modo già preparato alla rivelazione che lo attende.
In particolare, il secondo racconto (Stonehenge) per quanto valido e singolare nelle sue premesse, sembra soffrire della brevità e della stringatezza a cui la Yuki deve attenersi, focalizzandosi quasi esclusivamente sui protagonisti della vicenda e lasciando largamente inesplorate possibilità che, se sviluppate più a fondo, avrebbero potuto dar luogo a una storia di più ampio respiro.

Per quanto concerne i personaggi, invece, da sempre perno fondamentale attorno al quale si snoda, nei manga della Yuki, la vicenda e da cui essa trae linfa vitale, è un vero peccato che l’autrice non abbia potuto disporre di un maggiore numero di pagine, tali da consentirle un’analisi più approfondita e meditata non solo dei protagonisti della storia, ma anche delle figure di contorno. Alcuni personaggi secondari– Kishiru, per esempio – destano, dalla loro prima comparsa, la curiosità del lettore, desideroso di apprendere altri elementi relativi alla loro storia personale e al loro passato, ma essi rimangano appena accennati, ai margini della vicenda, perdendosi e sfumando nel corso della narrazione.

Dal punto di vista artistico, le tavole di questo volume si attestano a un livello mediamente buono, ma il lettore non deve aspettarsi il tratto tecnicamente più denso e raffinato delle opere più mature. Nei disegni, sebbene ancora un po’ acerbi, si riconosce già lo stile caratteristico della Yuki, contraddistinto da tavole di grande impatto visivo e notevole resa espressiva, valorizzate da una discreta profusione di retini e dettagli, senza che ciò comprometta, tuttavia, l’armonia della tavola stessa. Nel secondo racconto – Stonehenge – il ritmo rapido e incalzante con cui si susseguono gli eventi viene condensato in poche pagine, ma ciò non altera l’equilibrio delle tavole che, sebbene “appesantite” da un punto di vista narrativo, non lo sono da quello puramente grafico.

Se commetteste l’errore di accostarvi a questo manga, sperando di trovarvi un’accurata caratterizzazione dei luoghi, una fine introspezione psicologica dei personaggi, un’analisi minuziosa dei moventi alla base delle loro azioni e dei risvolti che ne derivano, i brevi racconti di questa raccolta potrebbero risultare al di sotto delle vostre aspettative e, in una certa misura, insoddisfacenti.
Se invece vi accingete ad affrontare la lettura di quest’opera, pienamente consapevoli dei limiti a cui l’autrice è andata incontro, dovendo orchestrare le due vicende in un numero di pagine troppo esiguo per poter sondare più a fondo i meandri contorti e tortuosi dell’animo umano, Gravel Kingdom potrebbe allora rivelarsi una piacevole sorpresa. Essa vi presenterà, inoltre, un aspetto insolito e sorprendentemente inedito di questa autrice, che ha voluto regalarci, accanto a principi, principesse e castelli fatati, che sembrano usciti direttamente da un libro di favole, due storie dal finale degno della miglior tradizione disneyana.

Consigliato caldamente, in ultima analisi, a tutti i fan della Yuki, ma anche a coloro che questa mangaka non la conoscono affatto e potrebbero accostarsi alle sue opere a partire proprio da questa raccolta, prima di passare alle serie lunghe della sensei o alle short stories più belle e strazianti (come Boy’s Next Door), ma dai temi decisamente più scottanti e sconvolgenti.

Curiosità: Stonehenge

Kaori Yuki ha scelto Stonehenge, il complesso megalitico più famoso e imponente d’Europa, come scenario in cui ambientare le vicende della seconda storia di questa raccolta, intitolata, appunto, Stonehenge.

Il tempio di Stonehenge e il mistero delle eclissi

Il tempio di Stonehenge sorge nella piana ondulata di Salisbury, a circa tre chilometri da Avebury, in Gran Bretagna, al centro di una grande necropoli con centinaia di tombe a tumulo. Costruito al principio del III millennio a.C., all’epoca, cioè, in cui furono erette le grandi piramidi d’ Egitto, esso presentava centinaia di grandi pietre disposte in modo così particolare da indurre a ritenere che dovessero servire per qualcosa di più che per rendere semplicemente omaggio agli dei. Non sarebbe altrimenti giustificabile l’immane sforzo compiuto per erigere il complesso.

A prima vista, il complesso megalitico sembrerebbe un recinto sacro pieno di dolmen e menhir, un luogo di raccoglimento per pregare gli dei. In realtà, la funzione che esso svolgeva presso le popolazioni antiche che lo edificarono è tuttora ignota agli archeologi: una delle ipotesi più accreditate è che Stonehenge fosse un sito di osservazioni astronomiche o un tempio in cui avevano luogo rituali religiosi in corrispondenza di particolari momenti dell’anno, come i solstizi e gli equinozi.

All’ipotesi di luogo sacro e di osservatorio astronomico formulata dagli archeologi seguirono, poi, altre interpretazioni – tra cui quella del Professor Hawkins – più inclini a considerare un’utilità eminentemente pratica.
Hawkins studiò i megaliti di Stonehenge nel loro insieme e l’incidenza su di essi dei raggi solari e lunari e la conclusione a cui giunse fu a dir poco sorprendente: secondo il professore, Stonehenge era, in realtà, una sorta di calendario preistorico. Hawkins verificò così tante esattezze nelle distanze, tante proporzioni intenzionali e ripetute, tante similitudini nella disposizione e una collocazione delle pietre così singolare, da convincersi definitivamente sulla funzione pratica del complesso. Forse era anche un luogo di culto, ma esisteva indubbiamente, a suo dire, qualcosa di più e di somma importanza.
In seguito a ulteriori misurazioni e osservazioni, si fece strada la teoria secondo cui il complesso di pietre fosse niente meno che un calendario solare e lunare, da interpretarsi secondo l’entrata dei raggi luminosi attraverso le varie pietre che compongono il monumento. Se questa teoria fosse comprovata, allora questo complesso megalitico sarebbe una dimostrazione incontrovertibile di quanto le conoscenze astronomiche dei misteriosi costruttori di Stonehenge fossero progredite. Essi, infatti, attraverso il complesso, sarebbero stati in grado di interpretare la situazione dei raggi solari e lunari durante tutto l’anno e perfino di prevedere il verificarsi delle eclissi di luna (che avvengono ogni cinquantasei anni, fatto scoperto di recente).

Tuttavia, malgrado Stonehenge racchiuda un notevole simbolismo di carattere astronomico, non è ancora chiaro se fosse davvero un luogo di studio di fenomeni celesti – come sostengono molti studiosi – o un semplice luogo di culto, piuttosto che un calendario per le ricorrenze stagionali (come la semina e la raccolta del grano) o, ancora, uno strumento per prevedere la frequenza delle eclissi. Gli allineamenti fra le rocce non sono molto precisi e spesso gli studiosi hanno messo a punto teorie “a posteriori” per spiegare la posizione delle pietre.

La struttura di Stonehenge

L’elemento più esterno della struttura megalitica è il viale cerimoniale (Avenue), i cui lati sono delineati da argini e fossati. Esso comincia all’ingresso del terrapieno circolare racchiudente il monumento megalitico. Qui si trova anche la Hell Stone, una grande pietra in sarsen non lavorato, alta 4,5 metri.
Poco dopo l’ingresso, s’incontra una pietra non lavorata, ora disposta orizzontalmente, sempre in sarsen: è macchiata di rosso a causa della pioggia che ha sciolto il ferro presente nella roccia ed è conosciuta come Slaughter Stone (Pietra del Massacro).
Intorno al margine interno del terrapieno si innalzavano quattro piccole pietre, le Station Stones, di cui due ancora visibili. Immediatamente adiacente al terrapieno, poi, c’è un anello di cinquantasei pozzetti, conosciuti come fosse di Aubery.

Per le strutture in pietra che sono situate nel cuore del sito, sono stati utilizzati due tipi di pietra:
*Sarsen : blocchi di dimensioni maggiori, provenienti dalla cava di Marlborough Downs (circa a 30 Km a Nord-Est)
*Bluestone : tipo di roccia che si trova nelle Preseli Hills, nel Galles sud-occidentale.

Nella sua formazione più completa, l’anello esterno di Stonehenge consisteva in un circolo di trenta pietre verticali in sarsen (diciassette delle quali ancora al loro posto), collegate da un anello di architravi orizzontali tali da costituire un circolo perfetto, con altezze costanti.
La struttura in bluestone, concentrica a quella più esterna in sarsen, consisteva, in origine, in sessanta pietre, ma molte sono cadute, danneggiate o a pezzi.
All’interno dei due circoli, poi, è situato il Sancta Sanctorum, a forma di ferro di cavallo, ottenuto con la disposizione di cinque triliti in sarsen, disposti gradualmente in altezza.
All’interno di questa imponente struttura, infine, ce n’era un’altra più piccola, sempre a ferro di cavallo, di pietre erette in bluestone.

Stonehenge… una falsa leggenda?

Il dubbio in merito alla autenticità di uno dei più famosi siti archeologici del mondo, è stato sollevato da un ragazzo di Bristol, Brian Edwards, alle prese con una tesi di storia.
Secondo le testimonianze fotografiche rinvenute dal giovane nel corso delle sue ricerche, Stonehenge sarebbe stata ricostruita e rimaneggiata a più riprese nel corso del Novecento.
Nel 1916, infatti, sei grandi pietre furono rimosse e innalzate in posizione verticale; altri tre monoliti furono spostati da una gru nel 1959 e ad un trilite venne aggiunto un architrave nel 1958. L’ultimo intervento, consistente nello spostamento di quattro pilastri neolitici, risale, infine, ai tempi di John Lennon (1964).

Dato che il mistero di questa costruzione, attorno alla quale sono state intessute le teorie più elaborate, si gioca tutto su pochi millimetri, è lecito chiedersi se gli spostamenti operati dalla mano umana abbiano avuto, o meno, un ruolo fondamentale nel far collimare quei pochi millimetri che ne attestano ora la perfetta geometria.

In ogni caso, anche se il tanto celebrato allineamento di Stonehenge fosse opera di una gru manovrata al suono dei Beatles, ciò non toglie che questo sito non cessa mai di esercitare sui numerosi visitatori un fascino antico e immutato, destinato a incantare e stupire.

Riferimenti bibliografici:

-L’Ignoto numero 20, Messaggi di pietra, Edizioni Hobby & Work italiana editrice s.r.l., 1992
-L’Ignoto numero 11, Tecnologie del passato, Edizioni Hobby & Work italiana editrice s.r.l., 1992.

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